L’Energy Strategy Group ci invia un’anteprima dell’Energy Efficiency Report, che sarà presentato il 4 dicembre 2013 al Politecnico di Milano via Durando.
Qua il programma, e ricordiamo ancora che è obbligatria l’iscrizione.
Executive Summary
La terza edizione dell’Energy Efficiency Report – in continuità con le due precedenti edizioni del Rapporto, rispettivamente focalizzate sul building e sui processi industriali – affronta il tema dell’efficienza energetica nei settori residenziale, industriale, dei servizi e della Pubblica Amministrazione, analizzando per ciascuno di essi gli ambiti maggiormente interessanti ed energivori. La scelta di ampliare ed allo stesso tempo dettagliare lo scope della ricerca è stata dettata, da un lato, dalla volontà di evidenziare le peculiarità che caratterizzano ciascuno specifico ambito rispetto agli altri afferenti al medesimo settore, sia in termini di fabbisogni energetici che di soluzioni tecnologiche per l’efficienza energetica implementabili, dall’altro lato dalla volontà di includere un settore (quello della Pubblica Amministrazione) finora poco approfondito all’interno delle precedenti ricerche, ma che a nostro avviso riveste un ruolo “cruciale” per la diffusione del paradigma dell’efficienza energetica nel nostro Paese.
Il punto di partenza del lavoro è stata la caratterizzazione dei diversi ambiti di indagine per ciascun settore (ad esempio nel settore industriale, si sono selezionati gli ambiti metallurgia, chimica e petrolchimica, prodotti per l’edilizia, meccanica, agroalimentare, vetro e ceramica e carta) ed i relativi fabbisogni energetici, al fine di individuare le soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica applicabili in ciascuno di essi. Per ognuna delle possibili soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica – intesa nella duplice accezione di riduzione dei consumi energetici e di riduzione, attraverso la produzione in loco, della dipendenza dall’approvvigionamento di energia elettrica o del combustibile impiegato per gli usi termici – si è poi calcolato il costo medio necessario lungo l’intera vita utile di ciascuna tecnologia per risparmiare o produrre (mediante una tecnologia “efficiente”) un singolo kWh elettrico o termico e lo si è comparato con il costo evitato dell’approvvigionamento dalla rete elettrica o gas. Le analisi economiche sono state condotte, inoltre, sia nel caso di sostituzione “forzata” a fine vita della tecnologia precedentemente adottata con una più efficiente – e quindi ove l’investimento da considerarsi è solo quello “differenziale” per avere a disposizione una tecnologia più efficiente – sia nel caso di sostituzione “volontaria” di una tecnologia ancora funzionante. Così facendo, la nostra analisi ha permesso di simulare due momenti decisionali differenti: da un lato, il caso in cui si vuole capire se conviene intervenire per migliorare le prestazioni energetiche di una soluzione esistente e funzionante, dall’altro quello in cui si desidera comprendere se orientarsi, in sede di sostituzione a fine vita di una soluzione, verso una tecnologia analoga (normalmente meno costosa), piuttosto che verso una soluzione più efficiente, ma caratterizzata da un investimento iniziale maggiore.
Per ciascuna delle soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica, infine, è stata valutata la convenienza economica attraverso il calcolo del tempo di Pay-Back, parametro tipicamente preso in considerazione dai soggetti investitori durante il processo decisionale di valutazione di un intervento in efficienza energetica. Questo indicatore, che indica l’istante temporale in cui l’investimento nella soluzione di efficienza energetica viene interamente ripagato, è stato calcolato sia in assenza che in presenza di (eventuali) incentivi a supporto delle diverse tecnologie, e successivamente comparato con un valore “soglia”, variabile in funzione dell’ambito di applicazione considerato (e quindi delle peculiarità dello specifico decisore).
Il quadro che risulta dall’analisi – rimandando al testo integrale del Rapporto per gli indispensabili dettagli – contiene implicazioni rilevanti, sia per i potenziali adottatori delle tecnologie che per gli altri attori della filiera dell’efficienza enegetica. Se si guarda alla convenienza delle tecnologie lungo l’intera vita utile, osservando cioè la differenza fra il costo del kWh risparmiato o prodotto in virtù di un intervento di efficientamento ed il costo di acquisto o produzione dello stesso kWh da fonte tradizionale, quasi tutte le soluzioni e tecnologie per l’efficientamento energetico (ad eccezione di chiusure vetrate e superfici opache) appaiono essere economicamente sostenibili, in tutti gli ambiti d’applicazione, anche in assenza di sistemi di incentivazione. Tuttavia, se si guarda al tempo di pay-back calcolato per le diverse tecnologie, esso appare essere in media ampiamente superiore ai valori “soglia” ritenuti accettabili dai diversi potenziali investitori (1-2 anni in ambito industriale, 2-3,5 anni in ambito terziario e Pubblica Amministrazione, 4-6 anni in ambito residenziale). Infatti, solo un numero ridotto di tecnologie raggiunge la convenienza economica in assenza di incentivi, vale a dire illuminazione, aria compressa, inverter, UPS (solo in caso di sostituzione «forzata») e sistemi di gestione dell’energia in ambito industriale, illuminazione, inverter, sistemi di building automation, UPS (solo in caso di sostituzione «forzata») e cogenerazione negli altri ambiti. L’ulteriore valutazione del Tempo di Pay-back al netto degli incentivi fa emergere che l’impatto dei regimi incentivanti sul ritorno degli investimenti è, nella maggior parte dei casi, rilevante in termini assoluti ma non sufficiente a far raggiungere la convenienza economica a quelle tecnologie che di per sé non lo sono, ad accezione della cogenerazione in ambito industriale, la quale gode dei Titoli di Efficienza Energetica cosiddetti “TEE-CAR”, introdotti per supportare specificamente questa tecnologia, e dei motori elettrici negli altri ambiti, grazie ai Titoli di Efficienza Energetica. In questo senso ancora una volta appare lecito chiedersi quale sia il ritorno sull’investimento fatto dal legislatore.
I risultati dell’analisi di convenienza economica “certificano” la presenza di una forte barriera all’adozione delle soluzioni per l’efficienza energetica legata al tempo di ritorno dell’investimento, che ha impatti rilevanti sull’effettivo potenziale di mercato associato ai diversi ambiti analizzati. Inoltre, l’analisi mette in luce, per i diversi ambiti, il «mix ottimale» di tecnologie volte a soddisfare i relativi fabbisogni energetici. (i) In ambito industriale, la cogenerazione si rivela la tecnologia più idonea per soddisfare il fabbisogno termico (e parte del fabbisogno elettrico), in luogo della generazione di energia termica tramite caldaia tradizionale e dell’approvvigionamento di energia elettrica da rete. (ii) In ambito residenziale, la caldaia a condensazione si rivela la tecnologia più idonea per soddisfare il fabbisogno termico, rispetto all’utilizzo di altre soluzioni quali pompe di calore e solare termico (limitatamente al fabbisogno di acqua calda sanitaria). (iii) Nel terziario, la pompa di calore si rivela tipicamente la tecnologia più idonea per soddisfare il fabbisogno termico nelle banche e nella GDO, rispetto all’utilizzo di altre soluzioni quali caldaie a condensazione e solare termico (limitatamente al fabbisogno di acqua calda sanitaria), mentre nel caso di ospedali e hotel la soluzione più conveniente risulta essere la cogenerazione (che soddisfa anche parte del fabbisogno elettrico).
Sommando i risparmi “teorici” conseguibili a seguito dell’adozione delle soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica analizzate nel Rapporto e tenendo conto del possibile “effetto sostituzione” tra le diverse soluzioni e tecnologie, la riduzione potenziale dei consumi energetici da qui al 2020 nel nostro Paese è pari a 297 TWh all’anno, di cui circa 44 TWh elettrici e 253 termici. Rispetto a questi valori, l’obiettivo che si ritiene possa essere raggiunto in Italia da qui al 2020 è nell’ordine dei 96 TWh, ossia circa un terzo di quanto teoricamente a disposizione, a sua volta ripartito tra 21 TWh elettrici (pari a circa il 6% del consumo registrato nel 2011) e circa 75 TWh termici (pari a circa il 11% del consumo registrato nello stesso anno). Guardando ai diversi settori oggetto d’analisi, emerge che il settore cui è associato il maggior potenziale «atteso» al 2020 è quello residenziale, pari a circa 51 TWh all’anno (54% del potenziale globale), mentre le tecnologie cui è associato il maggior potenziale di risparmio energetico «atteso» sono la cogenerazione (6,24 TWh all’anno) e l’illuminazione (6,17 TWh all’anno) in ambito industriale, pompe di calore (36,7 TWh all’anno) e superfici opache (29,6 TWh all’anno) nel settore residenziale, cogenerazione (4,9 TWh all’anno) e pompe di calore (4,4 TWh all’anno) negli altri settori.
Confrontando il potenziale di risparmio energetico «atteso» con l’obiettivo fissato dalla Strategia Energetica Nazionale (pari a 15 Mtep di risparmio di energia finale), sarebbe possibile raggiungere oltre la metà dell’obiettivo globale, con un contributo “variabile” da parte dei diversi settori, rispettivamente pari al 75% dell’obiettivo fissato per l’industria, l’intero obiettivo fissato per il residenziale ed il 60% dell’obiettivo fissato per i servizi e la Pubblica Amministrazione.
Il raggiungimento del mercato potenziale darebbe luogo ad un giro d’affari medio annuo da qui al 2020 stimabile in oltre 7 mld €, di cui circa 2 mld € riferibili ad interventi per l’efficientamento dei consumi elettrici e la restante parte riferibile ad interventi per l’efficientamento dei consumi termici. Anche in questo caso, il settore residenziale, con circa 4,3 mld € di investimenti attesi, rappresenta il settore cui è associato il maggior potenziale «atteso» (58% del giro d’affari complessivo), seguito dal settore industriale, con un potenziale di 2,4 mld € (33% del potenziale globale).
Le ragioni di questo evidente gap tra potenziale “teorico” ed “atteso” sono fondamentalmente due: (i) il quadro normativo, che seppur ha mostrato indubbi progressi negli ultimi anni, mostra alcune “contraddizioni” che rallentano la marcia del nostro Paese verso una maggiore virtuosità in tema di efficienza energetica; (ii) la carenza di una diffusa “cultura” dell’efficienza energetica tra i diversi attori della filiera dell’efficienza energetica, in primis i potenziali adottatori, acuita dalla difficile congiuntura economica, che si riverbera in soglie troppo “stringenti” di tempo di Pay-Back ritenute accettabili per gli investimenti in efficienza energetica. Mentre sulla seconda ragione si è discusso ampiamente nella precedente edizione del Rapporto, con particolare riferimento al settore industriale, all’interno del presente Rapporto si è focalizzata l’attenzione sulla prima ragione, e il quadro che ne è emerso presenta tinte in “chiaroscuro”.
All’interno del Rapporto sono state analizzate “criticamente” le principali novità introdotte nel corso dell’ultimo anno all’interno del quadro normativo italiano in tema di efficienza energetica.
Il Decreto Legge 4 giugno 2013 rappresenta indubbiamente una “svolta” in termini di disposizione per l’efficienza energetica del building, introducendo in primis l’“Attestato di Prestazione Energetica” (APE) e la sua obbligatorieità per gli edifici di nuova realizzazione (stimabile in circa 300.000 edifici per destinazione ordinaria residenziale all’anno), gli edifici sottoposti a “ristrutturazioni importanti”, gli edifici o le unità immobiliari soggette a vendita (nel 2012 si sono registrate circa 450.000 compravendite residenziali, contro una media fra il 2000 ed il 2011 che si attesta intorno alle 750.000 compravendite all’anno) e gli edifici o le unità immobiliari soggette a nuovo contratto di locazione. Tale documento, che andrà a sostituire l’“Attestato di Cerficazione Energetica” (ACE), ha l’obiettivo di attestare la prestazione energetica di un edificio, fornendo anche indicazione per il miglioramento dell’efficienza energetica. Il presente provvedimento fornisce un ulteriore contributo in tema di efficienza energetica negli edifici, introducendo le disposizioni urgenti per il reperimento della Direttiva europea 2010/31/UE con l’obiettivo di diffondere il nuovo paradigma di “edifici a energia quasi zero”. In particolare, il DL prevede che a partire dal 2019 gli edifici di nuova costruzione occupati e di proprietà della Pubblica Amministrazione dovranno presentare “un fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo, coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta all’interno del confine del sistema (in situ)”. Tale obbligo è poi esteso a tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 2021.
Sul fronte degli incentivi a supporto della diffusione dell’efficienza energetica in Italia, il DM 28 dicembre 2012 ha parzialmente modificato il meccanismo di funzionamento dei Titoli di Efficienza Energetica, meccanismo “rodato” da diversi anni che è stato interessato da importanti variazioni nel sistema di governance, che hanno visto assumere al GSE il ruolo “cardine” che era stato in precedenza svolto dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG), oltre all’attesa (da parte degli operatori del settore) estensione al 2016 degli obiettivi di risparmio energetico che dovranno conseguire i cosiddetti “soggetti obbligati” (distributori di energia elettrica e gas alle cui reti di distribuzione erano connessi almeno 50.000 clienti finali) e l’introduzione di nuovi soggetti “abilitati” a prendere parte al meccanismo in qualità di “soggetti volontari”, ossia imprese (pubbliche o private) che provvedano alla nomina dell’Energy Manager o alla certificazione ISO 50001 (ambiti in cui il nostro Paese sconta una notevole arretratezza rispetto ai principali competitor europei, se si pensa ad esempio che le imprese italiane certificate ISO 50001 sono 168 contro le 2.234 imprese tedesche).
In secondo luogo, vale la pena segnalare la proroga al meccanismo delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica per edifici esistenti, attualmente oggetto di ulteriore revisione da parte del Legislatore nell’ambito della Legge di Stabilità, in fase di approvazione finale nel momento di chiusura del presente Rapporto. Tuttavia, la principale “novità”, attesa da diversi anni dagli operatori del settore e divenuta realtà solo a fine 2012, riguarda l’introduzione del Conto Energia Termico con il DM 28 dicembre 2012, che intende incentivare la realizzazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Rimandando all’interno del Rapporto per il dettaglio degli interventi incentivabili e le modalità di accesso al meccanismo, vale la pena sottolineare che il nuovo sistema incentivante non garantisce un sostanziale beneficio incrementale rispetto al meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica e favorisce in modo particolare gli interventi di “piccole” dimensioni.
In sintesi, dalle analisi effettuate e dal confronto con gli operatori emerge che le due “criticità” principali dell’attuale impianto normativo nazionale a supporto della diffusione dell’efficienza energetica sono il rischio di “cannibalizzazione” che caratterizza un contesto che vede la compresenza di diversi sistemi di incentivazione, con conseguente “dispersione degli sforzi” sia da parte del Legislatore che soprattutto dei soggetti che dovrebbero usufruirne, ed in secondo luogo l’instabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, che non permette agli operatori industriali di programmare le loro strategie di business.
Vi sono infine altri provvedimenti che, seppur non specificamente inerenti l’efficienza energetica, riducono l’”appetibilità” degli interventi di efficientamento dei consumi energetici. Si fa riferimento in primis al cosiddetto Decreto “energivori” del 5 Aprile 2013, che prevede una riduzione degli oneri generali di sistema per i soggetti industriali ad elevata intensità energetica. Il provvedimento, se da un lato risulta indubbiamente funzionale a ridurre il gap del costo dell’energia sostenuto dalle imprese italiane rispetto a quelle europee migliorandone la competitività, dall’altro lato risulta un “disincentivo” che può frenare la diffusione delle tecnologie di efficienza energetica, se si pensa ad esempio che l’incremento del tempo di pay back per i motori elettrici ad alta efficienza è stimabile fino ad oltre il 10%.Da ultimo, il Rapporto affronta il tema dell’efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione, che ha assunto un ruolo di rilievo sia a livello europeo che nazionale sulla scorta dei recenti documenti “programmatici” quali le precedentemente citate Direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica e la nuova Strategia Energetica Nazionale. Essa rappresenta infatti una quota importante dei consumi energetici nazionali, stimabili complessivamente in 20-30 TWh elettrici (circa l’8% del totale nazionale) e 60-70 TWh termici (circa il 10% del totale nazionale), corrispondenti ad una spesa per soddisfare questo fabbisogno stimabile nell’ordine dei 6 mld €, su uno stock complessivo di immobili ad essa riferibili che è stimabile nell’ordine delle 530.000 unità immobiliari, di cui in particolare circa 52.000 riferite a scuole e 38.000 ad uffici.
All’interno del Rapporto si sono colte le specificità della Pubblica Amministrazione in tema di efficienza energetica focalizzando l’attenzione sulla Pubblica Amministrazione locale, prendendo come punto di partenza gli oltre 2.500 Comuni italiani aderenti al Patto dei Sindaci, principale iniziativa promossa dalla Commissione Europea nel Gennaio 2008 volta al coinvolgimento delle Amministrazioni locali delle città europee nella lotta al cambiamento climatico. L’obiettivo è quello di stimare quale siano le potenzialità di mercato intrinseche in questo comparto e, soprattutto, analizzare le “barriere” che ad oggi ostacolano la realizzazione degli interventi di efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione ed individuare le “strategie” da essa implementabili che ne permettono il superamento.
Le soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica considerate all’interno del Rapporto (chiusure vetrate, superfici opache, sistemi di illuminazione, caldaie a condensazione, pompe di calore, solare termico e cogenerazione) hanno un potenziale di mercato “teorico” nella Pubblica Amministrazione in Italia pari a circa 1 mld € all’anno da qui al 2020, la massima parte del quale riferito alla cogenerazione, alle superfici opache ed all’illuminazione pubblica. Il potenziale di risparmio energetico associato alla realizzazione di questi investimenti è stimabile nell’ordine dei 0,8 TWh elettrici e 1,5 TWh termici.
Viceversa, se si tiene conto della sostenibilità economica delle diverse tecnologie e dei piani di intervento elaborati dai principali Comuni italiani aderenti al Patto dei Sindaci, si stima un potenziale di mercato “atteso” di quasi 400 mln € all’anno da qui al 2020, pari a circa il 5% del potenziale globale dell’efficienza energetica in Italia. Il confronto con un cluster rappresentativo di Pubbliche Amministrazioni locali e con gli altri operatori della filiera dell’efficienza energetica che con essa, in qualche misura, interagiscono, ha fatto emergere che l’implementazione degli interventi di efficientamento energetico in ambito pubblico è subordinata al superamento di tre ordini di “barriere”: (i) «conoscitiva», legata alla ridotta consapevolezza da parte della PA dell’importanza della gestione e della razionalizzazione dei consumi energetici; (ii) «finanziaria», legata all’incapacità di reperire risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi di efficienza energetica; (iii) «realizzativa», legata alla difficoltà di coinvolgimento, da parte della Pubblica Amministrazione, dei soggetti “necessari” per la realizzazione degli interventi di efficienza energetica, vale a dire i fornitori di servizi e soluzioni per l’efficienza energetica (in primis le ESCo) ed i soggetti finanziatori.
Dall’analisi delle best practice nazionali in tema di efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione sono emerse diverse “strategie”, la cui implementazione ha permesso il superamento delle sopraccitate barriere. Per superare la barriera «conoscitiva», è necessario creare all’interno della PA la consapevolezza dell’importanza della razionalizzazione dei consumi energetici e la conseguente necessità di interventi di efficientamento, grazie in primo luogo alla nomina di un «responsabile dell’energia», che consenta di instaurare all’interno della PA una logica di gestione e razionalizzazione dei consumi energetici e facilitare la relazione con i fornitore di servizi e soluzioni di efficienza energetica, attenuando così le asimmetrie informative di carattere tecnico-economiche. Vale la pena sottolineare che a livello nazionale è stata istituita da oltre un ventennio la figura dell’ “Energy Manager” (detto anche “Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia”) dalla Legge 10/91, la cui nomina risulta obbligatoria per le Pubbliche Amministrazioni caratterizzate da consumi energetici superiori ai 1.000 TEP, tuttavia ampiamente “inapplicata” se si pensa che oltre l’80% delle circa 1.000 PA che ne sarebbero obbligate hanno provveduto ad oggi alla nomina dell’Energy Manager. Risulterebbe quanto mai opportuno che il legislatore, vista l’importanza di questa figura, fosse più “attento” al rispetto di questo obbligo.
Riguardo alla barriera “finanziaria”, che trae origine dall’impossibilità da parte della Pubblica Amministrazione di sfruttare le risorse finanziarie disponibili internamente (stimabili, secondo l’ANCE, in circa 13 mld €) in virtù dei vincoli definiti dal Patto di Stabilità, le strategie volte al suo superamento fanno riferimento all’accollare il finanziamento dell’intervento ai fornitori di soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica o all’utilizzo di fondi pubblici rivolti all’efficienza energetica. Vale la pena sottolineare che la concreta implementazione “su vasta scala” della prima strategia implicherebbe in primo luogo un “salto di qualità” sia da parte degli istituti di credito, fino ad oggi abbastanza “cauti”, per usare un eufemismo, nei confronti del finanziamento degli interventi di efficienza energetica, sia da parte dei fornitori di soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica, rispetto alla loro capacità di raccolta dei capitali necessari per finanziare gli interventi. In questo scenario, l’attivazione di meccanismi di “garanzia” da parte del legislatore, attraverso ad esempio l’attivazione di fondi di garanzia per l’efficienza energetica o la definizione della possibilità per i soggetti finanziatori di utilizzare gli incentivi per l’efficienza energetica a garanzia dei prestiti erogati, al fine di tutelare questi ultimi dal “rischio di credito” della controparte, potrebbe sbloccare l’attuale impasse. Riguardo alla seconda strategia, dal confronto con le Pubbliche Amministrazioni è emerso che l’ottenimento dei fondi pubblici presenta un iter burocratico troppo “tortuoso” agli occhi dei potenziali richiedenti, che rende necessaria una semplificazione di questi strumenti.
Riguardo infine alla barriera “realizzativa”, che rende necessaria la definizione del perimetro e delle finalità riguardanti gli interventi di efficienza energetica, le strategia utilizzabili dalla PA prevedono la stipula di contratti «performance based», intesi nella duplice accezione di (i) contratti EPC «puri», focalizzati esclusivamente sull’efficienza energetica, che consentono alla PA di condividere i rischi associati all’intervento con il soggetto che lo realizza (definendo durate contrattuali che permettano il ritorno degli investimenti effettuati) e di condividere con esso il risparmio energetico conseguito dall’intervento, legandogli la relativa remunerazione; (ii) contratti di gestione energetica «complessiva», che comprendono sia la fornitura dell’energia che la realizzazione di interventi di efficienza energetica, al fine di remunerare il soggetto appaltante sia attraverso la fornitura della commodity sia con i risparmi conseguiti a seguito degli interventi di efficienza energetica.
Emerge con grande evidenza come soltanto grazie alla collaborazione tra i diversi player della filiera dell’efficienza energetica e la Pubblica Amministrazione, sarà possibile nel prossimo futuro superare l’attuale impasse ed abilitare un mercato con una potenzialità interessante.