Via libera europeo ai biocarburanti di seconda generazione, è questa la notizia di pochi giorni fa destinata ad aprire un varco ulteriore in quella che è la barriera che frappone la produzione industriale, rispetto alla sostenibilità ambientale.
A dirla tutta, gli obiettivi che l’Europa doveva porsi erano molto più alti, sia in termini di sviluppo tecnologico, che in termini di taglio alle emissioni di gas inquinanti e dannosi per la nostra atmosfera, ma si sa, il cammino dei provvedimenti legislativi non è mai semplice, soprattutto quando si scontra con la paura di rivoluzionare equilibri già stabiliti.
Il piano europeo punta ad incrementare la produzione di biocarburanti derivanti da colture agricole, fissando al tempo stesso un tetto massimo previsto per l’impiego del terreno da impiegare. È questo infatti un elemento fondamentale per prevenire e contrastare il possibile disboscamento delle foreste che verrebbe definita si nel momento una scriteriata produzione di biocarburanti di natura agricola, rendesse necessario il reclutamento di terreno fertile.
Ma come poter realizzare tutto ciò? La risposta è nei bocarburanti di seconda generazione.
Il piano vuole queste strizzare un duplice occhio verso l’ambiente, mediante lo sviluppo tecnologico mirato al tempo di fonti energetiche rinnovabili, ma anche salvaguardando il patrimonio forestale esistente.
Il piano europeo viene presentato dall’eurodeputato Nils Torvalds, l’uomo che ha provveduto a redigere la proposta.
Vediamo adesso quali sono le caratteristiche dei biocarburanti di seconda generazione, che promettono di rendorli più vantaggiosi rispetto a quelli di precedente concezione.
I prodotti realizzati fino a poco tempo fa si basavano su un processo produttivo che vedeva come materia prima lo zucchero di canna, oppure l’olio di colza. La seconda generazione si basa invece sulla trasformazione di alghe o rifiuti, una differenza non di poco conto.
Le attuali direttive imposte dall’Unione Europea stati membri prevedono che, entro i prossimi cinque anni, l’energia prodotta grazie all’impiego di fonti rinnovabili rappresenti almeno il 10% di quella totale, impegnata nel settore dei trasporti.
Ecco da dove nasce la spinta propulsiva all’impiego dei biocarburanti di seconda generazione.
L’effetto di questo, comporterà l’obbligo per gli stati membri di adeguarsi entro il termine massimo di 18 mesi, indicando un obiettivo nazionale per la produzione di biocarburanti di seconda generazione, che sia in linea con quanto definito a livello collegiale. Dovranno essere inoltre indicate le quote di produzione previste per ciascuna delle materie prime, che siano alghe, rifiuti o altri tipi di residui.
Questo consentirà di alzare il livello di produzione di biocarburanti, senza sottrarre terreno prezioso alle colture alimentari, ma anche scongiurando il pericolo di una massiccia deforestazione, che avrebbe peraltro l’effetto di aumentare l’emissione di gas a effetto serra, vanificando l’uso di biocarburanti.
Quel che si vuole evitare a livello europeo è proprio l’innesco di un circolo vizioso, nel quale la produzione di biocarburanti di origine vegetale, comporti la progressiva distruzione del patrimonio forestale già esistente, con i conseguenti danni sull’atmosfera del pianeta terra.