L’ENERGIA EOLICA – INTERVISTA SU PAGINE MONACI 2011

ITALIA IN RITARDO RISPETTO AI PRINCIPALI PARTNER EUROPEI

“Nel 2008 il settore eolico italiano ha stabilito un record sia in termini di nuova potenza installata, sia per quanto riguarda la produzione elettrica pari a quasi il 2% del Consumo Interno Lordo. Il notevole incremento di potenza installata in soli sette anni dimostra la continua crescita della penetrazione di questa fonte pulita nel sistema elettrico nazionale, anche se ancora molto c’è da fare viste le potenzialità del territorio italiano”. A parlare è Stefania Menguzzato di Irecon Italia, azienda nata nel 2004, costituita per soddisfare le esigenze delle imprese, siano esse appartenenti al settore pubblico o privato, operanti nei settori dell’energia rinnovabile. L’abbiamo intervistata.

È possibile fare una fotografia della produzione di energia eolica in Italia?
In Italia la diffusione delle energie rinnovabili sta incrementandosi negli ultimi anni, grazie alle direttive europee e al loro recepimento da parte dei diversi Governi del nostro Paese. Volendo fare un breve excursus temporale sulla specifica fonte eolica, alla fine del 2001 in Italia risultavano installati 1.240 aerogeneratori, per una potenza che si avvicinava ai 700 MW. Da quella data la crescita del settore ha avuto un carattere quasi esponenziale, ed ha assunto risultati significativi, raggiungendo quote importanti nel 2007/2008.
Le installazioni annuali sono state stimate in un crescendo di circa il 30% – 35%, percentuale considerevole nel nostro Paese soprattutto considerando gli obiettivi comunitari del 2020 (unilaterali e vincolanti: -20% consumi energetici, -20% emissioni di CO2, +20% fonti rinnovabili). Nonostante questi traguardi, la potenza installata in Italia non raggiunge ancora quella dei nostri vicini europei Germania, Spagna o Danimarca, ma si avvicina a Francia e Gran Bretagna.
Le Regioni con un numero di installazioni importante sono collocate nel Sud Italia. La maggior quantità di impianti si trova in Puglia, a seguire Campania, Sicilia, Sardegna, Basilicata, Calabria, Abruzzo, Molise, Toscana.
Da un comunicato congiunto di ANEV-APER-ENEA-GSE è emerso che, rispetto al 2007, nel 2008 il settore eolico italiano ha stabilito un record sia in termini di nuova potenza installata con 3.736,47 MW, sia per quanto riguarda la produzione elettrica con oltre 6 TWh pari a quasi il 2% del Consumo Interno Lordo. Il notevole incremento di potenza installata in soli 7 anni dimostra la continua crescita della penetrazione di questa fonte pulita nel sistema elettrico nazionale, anche se ancora molto c’è da fare viste le potenzialità del territorio italiano.
Rispetto agli obiettivi del 2020, che impegneranno il nostro Paese ad uno sforzo significativo, è necessario che l’incremento di produzione elettrica da fonte eolica venga sostenuto nel tempo con efficacia e unità di intenti da parte di tutti i soggetti e le Istituzioni interessati, soprattutto in termini di ripartizione dell’obiettivo nazionale sulle singole Regioni e di iter autorizzativi unici e semplificati.
Quali sono le sue potenzialità?
Come già indicato, la potenza eolica installata in MW in Italia ad oggi ha dei grossi margini di sviluppo in termini potenziali. I dati del 2008 succitati sono abbastanza in linea con gli obiettivi settoriali, e possono proiettare l’Italia verso traguardi capaci di ridurre il ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi Europei (soprattutto Germania, Spagna, Danimarca). Il trend positivo generato potrebbe consentire di sfruttare a pieno il reale potenziale eolico italiano, stimato in oltre 16.000 MW.
C’è da aggiungere che non solo le grandi compagnie energetiche stanno investendo in questo settore, ma anche importanti centri di ricerca: secondo le stime ANEV la produzione elettrica da fonte eolica potrebbe raggiungere i 27,2 TWh nel 2020.
Quanto costa produrre energia dal vento? E cosa rende la rende più o meno competitiva rispetto ad altre forme di alternative al petrolio?
Grazie ai recenti sviluppi tecnologici e all’incremento di aziende di filiera attive nel settore eolico, la produzione elettrica da questa fonte rinnovabile inizia ad essere economicamente favorevole.
Il costo di produzione è relativamente basso (circa 1,2 – 1,5 €c/kWh, se raffrontato ad altre tecnologie alternative, come ad esempio il fotovoltaico (circa 20 – 25 € c/kWh). Ragionando in termini di torre eolica, normalmente con potenza di 1 o 2 MW, nel 2008 il costo in terraferma si è attestato su circa 1.38 milioni di euro per megawatt mentre off-shore (installazioni in mare) si è aggirato intorno ai 2.23 milioni di euro.
Secondo studi diversi, è ragionevole pensare che nel prossimo futuro, il costo medio di produzione dell’energia eolica possa comprendersi in un intervallo tra i 0,6 ed i 0,8 €c/kWh, avvicinandosi così ai costi dell’energia prodotta da fonti tradizionali (centrali termoelettriche a carbone, petrolio, gas metano – costo circa 0,2 – 0,3 €c/kWh).
Il costo di produzione potrebbe divenire pertanto competitivo, ma il valore per la rete elettrica in cui il kWh eolico viene immesso non è ancora concorrenziale, perché l’energia eolica è intermittente e quindi ha una scarsa affidabilità. Ciò significa che l’energia eolica fornita ha una qualità tecnica inferiore a quella dal kWh convenzionale: il suo flusso segue l’andamento del vento che non è costante e a volte addirittura è calmo piatto.
Il valore economico, in sé e da solo, non permetterebbe pertanto la competitività se non venisse considerato il valore ambientale aggiunto che, l’energia eolica, anche se intermittente, garantisce. Ogni kWh prodotto con questa fonte rinnovabile evita infatti l’immissione nell’atmosfera di circa 750 grammi di CO2, fatto che dà luogo alla possibilità di raggiungere, con l’incremento del suo utilizzo ed in contemporanea con forti politiche di risparmio energetico, gli obiettivi europei del 2020 nonché del Protocollo di Kyoto.
Per l’eolico possiamo parlare di una tecnologia collaudata e matura?
Nonostante si faccia un gran parlare d’energia eolica solamente negli anni più recenti, non dimentichiamo che le prime rudimentali applicazioni implementate al fine di sfruttare l’energia associata al flusso ventoso e del quale si abbia notizia risalgono addirittura al 17° secolo. Ovviamente si parla in quel caso di mulini a vento molto semplici per nulla comparabili con i moderni aerogeneratori, ma ciò può dare l’idea di quanto presto l’uomo abbia cominciato ad investire tempo e risorse nello sviluppo e nello sfruttamento di tale fonte rinnovabile. Solo a partire dal ‘900 l’energia eolica è stata sfruttata al fine di generare energia elettrica, ma bisogna ammettere che sistemi utilizzabili a fini commerciali sono apparsi solo negli anni ’80, grazie agli sviluppi contemporanei di elettronica di potenza, controlli automatici, ingegneria dei materiali ed aerospaziale. L’elettronica di potenza ha visto notevoli progressi che ha consentito di conseguire sempre più elevati rendimenti di trasformazione e di trasporto dell’energia. I migliori sistemi di automazione consentono oggi, nelle installazioni più grandi, di sfruttare al meglio il flusso ventoso orientando, attivando e bloccando al meglio le turbine eoliche per una migliore gestione e sicurezza intrinseca dei sistemi. I materiali più leggeri e resistenti derivanti dall’ambito aerospaziale hanno portato i più recenti miglioramenti agli elementi più critici dell’impianto, le pale. Il loro design è ora ottimizzato usando sistemi avanzati di calcolo, che vengono effettuati su calcolatori non esistenti fin pochi anni fa.
Come molte altre tecnologie anche quella dell’energia eolica, dopo il boom iniziale, si vede ora condizionata dalla legge dei rendimenti decrescenti: a fronte di qualsiasi sviluppo sia implementato in un determinato elemento dell’impianto, l’effetto migliorativo differenziale sarà sempre meno riconoscibile. Questo è un fenomeno tipicamente associato ad una situazione di maturità tecnologica, ma per l’eolica bisogna portare i dovuti distinguo.
Gli investimenti maggiori in termini di ricerca sono stati investiti finora nello di sviluppo di impianti medio-grandi per le grandi wind farms. In questo caso la tipologia di prodotto che si è chiaramente affermata è la turbina eolica ad asse orizzontale, con elica per lo più tripala. Su queste macchine, in questi ultimi venti anni anni, è stato costituito un cospicuo know-how.
Qualcuno vede la maturità della tecnologia di questi impianti come legata alle possibilità di incremento della taglia. In effetti, questa è la tendenza attuale: fino a qualche anno fa le turbine eoliche più grandi erano di taglia prossima a 1 megawatt, mentre oggi le installazioni di potenza più elevata hanno raggiunto e superato i 3 megawatt. (si consideri ad esempio la windfarm da 63MW che l’ENEL gestisce a Snyder in Texas).
Lo stato dell’arte delle piccole turbine eoliche (fino ai 60 kW di potenza massima) invece è tuttora molto lontano dalla maturità e dall’effettiva convenienza economica. I costi per tali piccoli impianti variano dai 3000 agli 8000 euro per kW installato, senza contare gli impianti addizionali necessari per la connessione alla rete di distribuzione. In contrasto i grandi impianti eolici vantano un costo inferiore, di circa 1500 euro per kW installato.
Le tecnologie usate nel caso del mini-eolico sono diverse da quelle necessarie per i grandi impianti, principalmente per quanto riguarda i sistemi di controllo ed elettrici più semplici, tuttora non molto sviluppati, ma ancora costosi. Il costo elevato di tali piccoli impianti, in ogni modo, è forse più legato ad una fase di produzione manifatturiera non ancora matura, più che ad una tecnologia povera. I mini-impianti infatti sono ad oggi spesso prodotti artigianalmente.
Bisogna segnalare anche un’altra importante distinzione riguardo alla tipologia di grande impianto. Se per quanto riguarda gli impianti tradizionali su terra ferma, si è detto che le tecnologie si possono considerare pressoché mature, questo non lo si può affermare assolutamente per gli impianti off-shore (al largo, in mare). In particolare le tecnologie di installazione fisica dell’impianto in zone particolarmente difficoltose, ma attraenti dal punto di vista della produttività di impianto, sono in forte sviluppo e ben lungi dall’essere mature, soprattutto considerando gli elevatissimi costi ad esse associate. Le macchine per impianti off-shore inoltre potranno subire notevoli sviluppi, considerando le diverse condizioni nel quale si trovano ad operare.
Ci sono Regioni che non la vedono di buon occhio malgrado si tratti di una fonte rinnovabile tra le principali, e c’è chi la considera la soluzione pulita per eccellenza. Perché?
Tutte le fonti energetiche, da quelle fossili a quelle alternative passando per le rinnovabili tradizionali (geotermia e idroelettrica), godono in Italia di posizioni antitetiche, dovute spesso e volentieri al binomio economia/ambiente che non sempre è facile conciliare.
Tutto ciò non dimenticando l’aspetto amministrativo/burocratico che soprattutto gli impianti eolici devono affrontare in termini di procedure autorizzatorie demandate alle Regioni (tali iter possono durare parecchi anni, disincentivando molti imprenditori ad attualizzare rendite troppo lontane rispetto alla data di richiesta di autorizzazione a quella di inizio lavori).
Esistono peraltro delle perplessità sull’installazione di aerogeneratori da parte delle Amministrazioni, dovute soprattutto agli impatti ambientali (mitigabili) che le torri eoliche generano, e che di conseguenza conducono a conflitti sociali nei luoghi di potenziale intervento (creazione di comitati, manifestazioni, boicottaggi).
Le principali critiche mosse sui sistemi a terra riguardano la rumorosità (meccanica del generatore/trasmissione e aerodinamica), l’impatto paesaggistico e sulla fauna. Attualmente le turbine eoliche ad alta tecnologia sono molto silenziose. Si è calcolato che, ad una distanza superiore a circa 200÷400 metri, il rumore della rotazione dovuto alle pale del rotore si confonda completamente col rumore del vento che attraversa la vegetazione circostante.
Per quanto riguarda l’impatto paesaggistico, è ovviamente necessario integrare opportunamente gli impianti nel contesto (non sempre lo è stato fatto in passato ed ora se ne vedono le conseguenze). Per quanto riguarda l’avifauna, è opinione diffusa che gli impianti eolici possano essere pericolosi, uccidendo gli uccelli che vi volano in mezzo. In realtà, diversi studi condotti hanno rilevato una mortalità bassissima e molto inferiore a quella causata dalle finestre dei normali edifici, dai fili dell’alta tensione, dagli aeromobili e dalle automobili.
Pertanto, secondo noi, a scanso dei problemi sopraccitati, è plausibile stimolare le installazioni di un parco eolico in mare aperto (Sistemi off-shore), con fondali poco profondi, sia per un minore impatto ambientale-paesaggistico e sia per una migliore qualità e costanza del vento, con un perfezionamento anche dell’intermittenza di immissione in rete.
L’eolico nel mondo ha raggiunto cifre importanti. Quali sono i maggiori produttori? E che ritardo accumuliamo nei loro confronti?
Come è successo in Italia, anche nel resto del mondo il 2008 si è confermato come un anno molto positivo per l’eolico. Secondo le stime del Global Wind Energy Council l’eolico rappresenta circa 120 gigawatt di picco di potenza, pari a 260 TWh annui. I numeri sembrano grandi, ma rappresentano appena all’1,3% della produzione elettrica globale.
A livello globale, l’Europa, con 66 GW, rimane il maggiore produttore, ma c’è stata una decisa crescita anche nel Nord America ed in Asia. Scendendo a livello nazionale gli Stati Uniti, supportati da politiche di forte impulso alle rinnovabili, grazie agli 8.358 megawatt installati nel 2008, hanno superato la Germania in testa alla classifica dei paesi più “eolici”, portando la propria potenza complessiva a 25.170 megawatt contro i 23.902 megawatt tedeschi. Anche in Cina, ricordando che è il paese più popoloso del mondo con un crescente fabbisogno energetico, la potenza installata ha raggiungo 6,3 GigaWatt (GW). Continuando a questi ritmi, è ragionevole pensare che questa nazione superi le posizioni occupate da americani, tedeschi e spagnoli.
Rispetto alle nazioni citate, l’Italia con il 2% del Consumo interno lordo, è ancora indietro rispetto a Germania, Spagna, Danimarca ma inizia a posizionarsi subito dietro a Francia e Gran Bretagna.
Nel complesso Europeo, infatti, rimane predominante la percentuale sul totale di megawatt installati di Germania e Spagna, rispettivamente 23.903 e 16.754 MW, ma appare più equamente distribuita rispetto agli altri paesi la quota di nuovi impianti nel 2008 – 1665 MW per la Germania, 1609 per la Spagna, 1010 per l’Italia, 950 per la Francia e 836 per la Gran Bretagna.

26/09/2011
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